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Amare in Assenza...Affrontare il lutto

Immagine del redattore: Doriana EliaDoriana Elia

In molti, in questo periodo di Covid, sono stati colpiti psicologicamente dal numero di vittime ed altrettanti hanno perso amici o persone care. La morte sembra oggi essere sempre più vicina.

Ma cosa significa essere in lutto?

L’etimologia del termine è: lutto [lat. Lūctus-us, der. del tema di lugere «piangere, essere in lutto»]; rappresenta un sentimento di profondo dolore che si prova per la morte di persona cara.

Il dolore può essere una cosa che abbiamo tutti in comune. Ma ha una faccia diversa per ognuno di noi.

Tra le domande che tormentano i pensieri, quando si perde una persona amata, ci sono “perché sta succedendo proprio a me?”, “perché sto provando questo dolore?” oppure “quando finirà tutto e potrò finalmente tornare a sorridere?”.


Nel passato il lutto veniva celebrato con una serie di rituali che permettevano l’elaborazione della perdita e, soprattutto, comunicavano all’altro lo stato di sofferenza che si provava, senza doverlo spiegare.

Ad esempio, gli indumenti rigorosamente neri, indicavano un lutto stretto, dopo qualche settimana si inseriva un qualcosa di bianco e dopo sei mesi se il lutto non era molto stretto (congiunto, figlio, fratello) si poteva inserire un colore e spezzare il nero, dopo un anno veniva messo un nastro al braccio di colore nero.


Quando si incrociava una persona bastava soffermarsi sul suo abbigliamento per vedere e comprendere quanto la perdita era recente o passata. Qualcuno cucinava per i familiari, non perché fosse un obbligo, ma perché i familiari in lutto non hanno la forza per potersi occupare di altro, se non del loro dolore, è fondamentale che ci sia qualcuno che sia una presenza concreta, che cucini, che ci sia, senza dover necessariamente parlare dell’accaduto se non si ha voglia.


Oggi ci limitiamo a un “RIP” su Facebook o tramite messaggio, come se questo possa “aiutare” la persona che sta in quel momento vivendo una terribile perdita. Non ci sono più le visite, né tanto meno il pensiero di cucinare qualcosa per la persona che sta soffrendo.


Forse la morte spaventa così tanto che abbiamo sentito il bisogno di allontanarcene?

La fuga dalla morte caratterizza la nostra epoca, in cui il lutto diviene oscenità da non mostrare. Niente più rituali legati alle condoglianze e alle pratiche post perdita per noi donne e uomini moderni, proiettati verso un futuro giovane bello e magro a dispetto della realtà.

Durante il primo mese di perdita, spesso, le persone sono tutte vicine, in realtà la vera vicinanza dovrebbe esserci dopo. Durante i primi 30 giorni, siamo “anestetizzati”, non riusciamo a comprendere realmente la perdita. Questa si realizza successivamente, quando tutti “spariscono” e tornano alla loro quotidianità, mentre noi ci ritroviamo, nel nostro quotidiano, senza la persona amata.


Da un anno a questa parte, a causa della pandemia, anche le cose più semplici sono state tolte, come ad esempio, “il funerale” “la veglia” quante persone si sono trovate a vivere la perdita in modo ancora più drastico?

Il primo momento, è l’ultimo saluto che ciascuno può dare alla persona cara prima che muoia. Anche se è certamente preferibile essere presenti fisicamente, in molti casi è venuta a mancare anche una telefonata o una videochiamata per rendere possibile questo momento fondamentale.

Il decorso del COVID-19, specie nei pazienti più anziani, passa dal ricovero a un peggioramento repentino delle condizioni e quindi all’isolamento, senza dare ai parenti il tempo necessario all’ultimo saluto.

Il secondo momento di passaggio è quello del saluto collettivo, il funerale (non importa se maggiormente religioso o laico), che rappresenta il commiato di un’intera comunità e svolge una funzione sociale ben precisa e ha un ruolo determinante nella successiva elaborazione del lutto.

Il divieto agli assembramenti, tuttavia, include anche questa cerimonia che, pur fondamentali per ragioni indiscutibili di salute e sicurezza, rende più difficile il processo di elaborazione del lutto.


Il fatto che siano venuti a mancare questi riti di passaggio fondamentali per la nostra cultura ha creato una serie di problemi psicologici nuovi. Per esempio, alcuni pazienti riferiscono di sentirsi “congelati” oppure “dentro una bolla”, come se il loro parente non fosse scomparso, perché era come se non fosse stato salutato.

Non poter vivere il momento del funerale, che ci permette di realizzare la perdita, non poter piangere semplicemente tenendo la mano di un amico caro che ci dà supporto.


Quanto è diventato ancora più complicato elaborare un lutto?!


L'amore per noi è fatto di presenza, ecco perché quando subiamo una perdita il processo più difficile è quello di perdonare la persona che ci ha lasciato, perdonarlo per averci lasciato qui, senza la sua presenza. Riuscire ad Amare l'assenza, sopravvivere alla morte di una persona importante, accogliere la sofferenza che ne deriva e trovare le risorse per trasformare il dolore in una nuova possibilità di vivere pienamente la propria vita.

L’amore verso l’altro è, comunque, l’unica via per aiutare chi sta soffrendo, senza tante parole, soprattutto quelle inutili o fuori luogo, senza forzare una rapida ripresa, che non rispetta i ritmi emotivi della persona colpita da un lutto, perché, per aiutare chi prova un dolore, anche un professionista deve avere compassione.


Secondo Elizabeth Kübler Ross, nota soprattutto per la teorizzazione del modello a cinque fasi dell’elaborazione del lutto (diniego, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione), quando stiamo per morire o abbiamo subito una perdita drammatica, tutti noi passiamo attraverso cinque diverse fasi del dolore. C'è la fase del rifiuto, perché la perdita è talmente impensabile, che non possiamo credere che sia vera. La rabbia esplode contro tutti, rabbia contro chi sopravvive, rabbia contro noi stessi, poi patteggiamo. Preghiamo. Imploriamo. Offriamo tutto ciò che abbiamo, offriamo la nostra anima in cambio anche di un solo giorno in più. Quando il patteggiamento fallisce ed è troppo difficile contenere la rabbia, cadiamo nella depressione, nella disperazione, finché alla fine ammettiamo di aver fatto tutto il possibile e ci abbandoniamo. Ci abbandoniamo ed arriviamo all'accettazione. Si parla di fasi, e non di stadi, in quanto l’ordine in cui i cinque momenti vengono vissuti non è prestabilito, ogni persona può affrontare prima uno e poi un altro (ad esempio, prima avere una reazione depressiva e poi mutarla in rabbia).

Non facendo i conti con il nostro dolore rischiamo di prolungarlo dopo un lutto è facile provare costrizione toracica, sensazione di vuoto gastrico, difficoltà a respirare, ipersensibilità al rumore, debolezza e mancanza di energia, senso di depersonalizzazione, bocca secca.

Si possono provare sensazioni di incredulità, confusione, preoccupazione, senso di presenza (pensare che il defunto si trovi nell’area spazio-temporale corrente) e allucinazioni uditive e visive (tipiche dei sopravvissuti). Il lutto può provocare disturbi del sonno, disturbi dell’appetito, distrazione ed isolamento sociale. Non è raro che la persona sogni il defunto, lo richiami o visiti i luoghi che glielo ricordano. Altri, invece, cercano di evitare i ricordi e si dimostrano iperattivi. Piangere e sospirare sono altri due comportamenti frequenti.


Come puoi reagire al lutto?

1. Recupera i riti di passaggio. Fare il rito di saluto collettivo appena possibile consentirebbe di “riavviare” il meccanismo di elaborazione del lutto che si è come sospeso durante il lockdown.

2. Mantieni o riprendi i tuoi hobby. Puoi trovare conforto nella routine e nel tornare ad intraprendere le attività che ti portavano gioia e serenità. Puoi farlo pian piano e con i tuoi tempi, non è necessario correre. Prova a dedicare uno spazio ed un tempo nel corso della giornata per stare solo in un luogo tranquillo e pensare alle cose che puoi fare per prenderti cura di te stesso.

3. Sii preparato per vivere il dolore in alcuni momenti “speciali”. Gli anniversari, le festività, oggetti o luoghi specifici possono risvegliare ricordi e sentimenti. Preparati per poter rivivere una sofferenza in questi momenti, ciò è perfettamente normale.

4. Esprimi i sentimenti: la tristezza, espressa attraverso il pianto, è il sentimento più comune tra chi ha subito una perdita. La collera è causata dal fatto di non aver potuto prevenire il lutto. Il sentimento di colpa è un sentimento irrazionale, che si rifà a qualcosa che sarebbe potuto accadere, ma non è accaduto nei momenti antecedenti al lutto. L’ansia deriva dalla sensazione di non essere più in grado di proteggersi, soprattutto dalla morte. Altre emozioni provocate dal lutto possono essere solitudine, shock (in caso di lutto improvviso), struggimento, sollievo (se la persona deceduta ha dovuto affrontare un percorso lungo e pesante) e stordimento (non provare emozioni). Nessuno può dirti qual è il modo migliore per affrontare questo periodo così difficile. Potresti aver voglia di piangere da solo, scrivere o pensare a tutti i ricordi che hai con la persona cara. Puoi esprimere ciò che provi anche alle persone che ti stanno vicino: in questo modo potrai condividere il tuo dolore con chi ti vuole bene. Per guarire devi riconoscere la tua sofferenza e viverla a fondo con i tuoi tempi.


Non fuggire dalle emozioni dolorose, sono là per ricordarti quanto ci tenevi a quella persona.


Quando un lutto diventa patologico?

Solitamente, si giunge alla fase di accettazione del lutto dopo 12 mesi dall’evento. La persona riesce a tornare ad una situazione confrontabile alla fase pre-lutto, con un miglioramento dell’umore e con l’abbandono delle problematiche psicosociali. Alcuni soggetti, però, non riescono ad accettare l’inevitabilità della perdita e continuano a manifestare la sintomatologia, Potrebbe essere buono in un periodo così delicato ricercare il sostegno di uno specialista che ci possa supportare nell’espressione di tutti i nostri vissuti emotivi e ci sostenga in un momento cosi difficile. Arrivare ad accettare il lutto e il dolore che esso comporta è possibile. Lavorando tanto su noi stessi e accogliendo ed esprimendo le nostre emozioni.

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