In una scoperta che getta nuova luce sui meccanismi neurali coinvolti nel comportamento sociale, i neuroscienziati del California Institute of Technology (Caltech) hanno individuato la struttura cerebrale responsabile del nostro senso dello spazio personale.
Gli scienziati, guidati da Ralph Adolphs, Bren Professor of Psychology and Neuroscience e professore di biologia e dallo studioso, post-dottorato, Daniel P. Kennedy, sono stati in grado di creare questo collegamento con l'aiuto di una paziente unica, una donna di 42 anni conosciuta come SM , che ha gravi danni all'amigdala su entrambi i lati del cervello.
(Durante i suoi anni di studio su di lei, Adolphs ha anche notato che SM, molto estroversa è quasi troppo amichevole, al punto da "violare" ciò che gli altri potrebbero percepire come il proprio spazio personale. "È estremamente amichevole e vuole avvicinarsi alle persone più del normale. È qualcosa che diventa immediatamente evidente quando interagisci con lei", dice Kennedy).
Hanno, dunque, scoperto che nel cervello vi è una struttura che ci dice dove sono situati i limiti del nostro spazio personale. Si tratta dell’amigdala, quella piccola regione associata alla paura o al nostro istinto di sopravvivenza
Questa scoperta è senza dubbio interessante e ci rivela un dato essenziale: il cervello misura i limiti personali di ciascun individuo. È come un pulsante di allarme personale che ci indica che qualcosa o qualcuno ci disturba, che invade la nostra intimità o viola la nostra integrità fino a risultare minaccioso ai nostri occhi. Questi limiti variano in ogni persona.
Lo spazio personale è un territorio privato, indica la propria Intimità, desiderabile e temuta, difficile conviverci e impossibile farne a meno.
L’intimità è anche legata alle tre colonne della vita: parenti, romanticismo e compagni di stanza. Ci sono delle cose dalle quali non si sfugge e altre che semplicemente non si vogliono sapere.
Vorrei che ci fosse un breviario sull’intimità, una specie di guida che ti spieghi quando si supera il limite. Sarebbe bello poterlo prevedere, ma non saprei come farlo rientrare in uno schema. Spingi fin dove puoi arrivare e resisti finché puoi. Lo spazio personale è un territorio privato, intimo ed esclusivo che nessuno può invadere o fare suo. Non fa riferimento solo alla componente fisica, riguarda anche l’invasione da parte di altri stimoli, come il rumore, le emozioni che ci trasmettono altre persone, un carico eccessivo di informazioni o le costanti interruzioni nei nostri momenti di solitudine o intimità.
E in merito alle regole, forse non ce ne sono. Forse le regole per l’intimità sono qualcosa che bisogna definire da se. Lo spazio personale non fa riferimento solo ai centimetri precisi che ciascuno tollera rispetto alla presenza fisica altrui; lì dove la voce, l’alito, il calore corporeo altrui ci danno fastidio e risultano persino una minaccia. Lo spazio personale è anche una bolla che può scoppiare di fronte a qualsiasi tipo di stimolazione psicosensoriale.
Dobbiamo saper gestire i nostri limiti personali. Dobbiamo imparare a stabilire delle distanze fisiche e psicologiche in tutte le dinamiche esterne che attaccano la nostra intimità e che si concretizzano come potenti fonti di stress. A volte sono i nostri colleghi di lavoro, altre volte si tratta di un’eccessiva “invadenza” familiare che mai come in questo periodo di convivenza forzata come il lockdown è presente.
In altre occasioni è la nostra chiara incapacità di dire di “no”, di rendere chiaro cosa possiamo tollerare e cosa no. Essere espliciti nell’indicare dove si trovano i nostri confini personali ci aiuterà a relazionarci molto meglio con gli altri, perché solo così daremo forma a contesti sociali più rispettosi, produttivi e, soprattutto, salutari.
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